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Questi ricordi rievocano un'infanzia e prima giovinezza nomade tra gli anni Quaranta e Sessanta. Dietro c'è lo spazio geografico tra Trieste e Cracovia, in cui si transita superando lingue più che frontiere, ma unito, come ebbe a dire l'autrice, "nel modo di pensare, di sentire, persino già nello stile architettonico, nella tradizione letteraria". Un'area definita, dallo scrittore jugoslavo esule Danilo Kis, "nostalgia d'Europa". E questa pervadente nostalgia colloca la condizione della piccola lima e della sua famiglia: padre sloveno, madre ungherese, sempre con le valigie pronte. Un vagabondare dalla Slovacchia fino a Zurigo, passando per Budapest, Lubiana, Trieste, che non fu conseguenza di sventure o di precarietà personali, quanto di un trovarsi a seguire le onde dei destini collettivi, le complesse questioni identitarie, i cambiamenti politici e a volte di confini. Per cui questi "passaggi della memoria", ancor più a causa del loro essere intimi, sensitivi, finiscono con il ricostruire una specie di memoria storica, filtrata dalla coscienza vibrante a ogni mutamento di una bimba quadrilingue, dimorante in nazioni senza coste con la brama di seguire i fiumi fino al mare promesso, divisa tra Dostoevskij e i rituali delle diverse religioni, Bach e le canzoni popolari. E danno un senso preciso alla " nostalgia d'Europa": è vivere in patrie che portano incisi in ogni luogo e in ogni immagine i segni di popoli che c'erano fino a ieri e ora non ci sono più...